
TEATRO MUSICALE / SPERIMENTALE




















The Weirds & the Wilds
Studio su MacBeth
2016/2017
THE WEIRDS AND THE WILDS - studio su Macbeth - nasce da un lavoro di ricerca in cui dialogano diversi codici del teatro, della danza e della musica. In scena una coppia di danzatori/performer e un trio di musicisti danno vita a otto quadri che ripercorrono liberamente gli eventi del Macbeth di Shakespeare. Il testo shakespeariano è stato sottoposto a un processo di riscrittura e di scarnificazione: alcune brevi sezioni di testo sono recitate in italiano, mentre la forza della parola poetica in lingua originale è affidata al cantato e a un lavoro musicale e ritmico.
In unʼatmosfera sonora industrial e techno noise e in una scenografia essenziale (un telo nero di 12 metri appeso al vertice sinistro dello spazio e una postazione tecnica per i musicisti a destra, con amplificatore, loop station, microfono, chitarra preparata, sintetizzatori etc), si muovono, da un lato, il trio di streghe-musicisti, quasi con funzione narrante, laterale allʼazione, e i due protagonisti: Mylady e Mylord, una coppia di amanti assassini. Questi ultimi traggono ispirazione, oltre a Macbeth e consorte, dai personaggi di due opere cinematografiche – Natural Born Killers di O. Stone e Badlands di T. Malick – che hanno liberamente reinterpetato le vicende di una famosa coppia di assassini americani, Charles Starkweather e Caril Ann Fugate, che negli anni ʼ50 compirono una serie di omicidi in Nebraska e Wyoming.
Il lavoro nasce dalla necessità di indagare la reale possibilità dellʼerrore in ogni atto di fede, del rischio sempre presente nellʼaccettare pienamente un desti- no. Un rischio che a volte perverte la vita e la trasforma in qualcosa di contrario a ciò che si è desiderato compiendo il primo passo. Ma noi non giudichiamo i nostri amanti assassini e vediamo la purezza che cʼè nel compiersi del loro destino, nel gettarsi pienamente nel suo compimento distruttivo.
Che cosa cercano i due amanti? Cosʼè lʼambizione che muove Mylord e Mylady? Come si arriva a quella distanza da sé che permette di compiere atti così enormi, così irreversibili, nel bene e nel male? Indaghiamo questo essere attraversati da forze, questa euforia dellʼamore e dellʼassasinio, e ci chiediamo se questo ci eleva alla dimenticanza di noi, a essere forze della natura, come il vento e le onde, oppure se questo ci allontana dal nostro vero essere, dal nostro centro umano. Forse siamo sempre in questo scacco, in questa duplice possibilità.
Diretto da
Interpretato da
Barbara Novati Carmen DʼOnofrio Edoardo Mozzanega
Musiche di
Giuseppe Calamia Carmen D'Onofrio Leonardo Ruvolo
Dramaturg

chi bella vo' parere
2009
Narro una fiaba in lingua napoletana barocca, sottoposta a rielaborazione drammaturgica e riproposta in forma di melologo da camera contemporaneo, mediante l'inserimento di otto villanelle cinquecentesche rivisitate in chiave modernista da Patrizia Regia Corte. Un lavoro compositivo-improvvisativo ha riguardato anche la narrazione, sottolineata da un tessuto sonoro originale, formante un unicum letterario e musicale insieme al cunto e alle villanelle.
Carmen D'Onofrio (drammaturgia, cunto e canto)
Simona Scarrone (flauti in do e sol, ottavino)
Giovanna Vivaldi (violoncello)
Giovanni Scotta (pianoforte)

Alessandria, Palazzo Cuttica, 20 giugno 2009 - Foto Giorgio Carlin


Foto Raffaele Di Somma

Alessandria, Palazzo Cuttica, 20 giugno 2009 - Foto Giorgio Carlin

un magico flauto

2008/2010
Teatro d'attore / teatro musicale, da W.A. Mozart, regia di Luca Valentino.
Nella prima parte interpreto una donna delle pulizie buffa e brontolona.
Nella seconda parte, in scena, mi trasformo in Papagena.

Foto Raffaele Di Somma

Foto Raffaele Di Somma

Teatro di Alessandria, giugno 2008 - Foto Raffaele Di Somma

Foto Raffaele Di Somma
La Vecchia scortecata
2008
Carmen D'Onofrio (soprano/voce narrante)
Claudio Lugo (sax/interferenze)
Melania Ferrari (pianoforte)
L'idea di uno spettacolo che prevede la rielaborazione - sia musicale, sia testuale - di materiale napoletano antico è nata da una mia conversazione con Claudio Lugo. Si parlava di Edoardo De
Filippo e della sua rivisitazione della Tempesta shakespeariana, della Gatta Cenerentola di Roberto De Simone, finché non saltò fuori Lo Cunto de li cunti di Giambattista Basile.
Fu così che iniziò a farsi strada l'idea di mettere su una performance teatrale sotto forma di melologo interpolato da 'canzone' in lingua napoletana che avessero delle assonanze con gli argomenti trattati nel Cunto, in modo da sottolinearne alcuni passaggi narrativi. Fra i cinquanta cunti, scelsi La Vecchia scortecata e individuai sette villanelle "alla napolitana" da inserirvi.





Il lavoro è qui presentato nella sua forma essenziale, in quanto narro la fiaba, dopo averla rielaborata a fini drammaturgici, inframmezzandola con le villanelle cinquecentesche.
Le villanelle - il cui criterio di scelta si è basato su valutazioni puramente testuali, scevro da intenti di tipo filologico - sono riprese nella loro stesura originale, con un accompagnamento scarno, di tipo accordale e privo di arrangiamenti.
Il pubblico è invitato a stare intorno a me, in modo informale, al fine di ricreare l'atmosfera ricostruita nel Cunto, vale a dire quella che si respirava nei casali – tipiche aggregazioni di cortili intorno a un corpo centrale – all'interno dei quali si radunava la gente comune per trascorrere qualche ora ascoltando piacevolmente i trattenemiente, cioè le narrazioni di racconti.
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